Pareti di Capoliveri, venerdì 29 aprile 2022.

Ore 13. Sto scaricando le valige dalla macchina. Sono stanco, la sveglia è suonata prima delle 5 e non ho dormito molto bene, continuavo a svegliarmi. Poi tutta l’A7, fino a Genova, poi tutta la costa ligure e infine la Toscana. Ad un certo punto, dopo Livorno, l’autostrada finisce e c’è una superstrada. A Piombino ci siamo arrivati in anticipo rispetto all’orario di imbarco, ci hanno fatto salire subito sulla Moby. Bene così. Il viaggio in nave è andato bene, il Piccolo era curioso. Poi l’Isola, le sue curve, le tabelle con scritto “bike”, chissà a che gara si riferiscono. C’è il sole e una bella temperatura.

Ore 14 e 30, ho scaricato quasi tutto, montato la bici e ho un obiettivo preciso: provare almeno in parte il percorso MTB per la gara. Mi avvio con calma verso la spiaggia di Pareti, dove so che c’è la zona cambio. Trovo subito le frecce con scritto “bike” e le seguo. Pronti, via: un muro. Sì una salita con cui si può salire solo con il rapporto più agile della mia Cube. Sorrido, ma non mi dispero affatto, so benissimo che per me non è affatto questo il problema. Dopo questo “simpatico” strappetto la strada scende e poi risale. Comincia un single track divertente, sposto lo sguardo a destra e… bellissimo. Davvero una favola. Il mare blu di fronte a me, i colori gialli e verdi della macchia meditteranea. Faccio una foto. Più in là la Miniera del Vallone (andrò poi a leggermi l’interessante storia). Mi rimetto in marcia. Salita, ancora, e poi la prima discesa. Tecnica, da down hill. Bella da vedere, nel senso che aveva già le traiettorie disegnate, sembrava un po’ quelle che si vedono nei video di YouTube dove ci sono i fenomeni, ma sicuramente per farla ci vogliono della capacità… che non ho! Scendo e un po’ preoccupato proseguo. Arrivato ad certo punto capisco che non posso esagerare. Non posso fare i 25km del percorso, oggi, così stanco. Poi è chiaro, ho scaricato il gpx su Garmin è il dislivello è chiaro: 920 metri… Taglio quindi un po’ il percorso e alla fine decido di seguire quello dello “sprint”, ovvero quello che faranno i ragazzi (sotto i 23 anni) che partiranno prima di noi. La seconda parte del percorso non è meno complicata della prima, anzi. Continuano i single track impegnativi e le parti tecniche, comprese le discese. Alla fine dopo una breve e ripida discesa mi ritrovo in zona cambio.

Torno nell’appartamento che avevamo prenotato, Oasi Fiorita, posizione ottima visto che si trova ad una centinaia di metri dalla zona cambio. Mi faccio una doccia e vado a ritirare il numero. La giornata purtroppo non è terminata, perché durante il giro in bici ho notato un grave problema al cambio… in pratica quando metto il rapporto più agile c’è la possibilità che cada la catena tra i raggi e il pacco pignoni. In gara, meglio che non succeda. Metto quindi la bici in macchina e vado a Capoliveri, c’è un negozio di noleggio nella rotonda prima di entrare in paese. Chiedo il favore di sistemare il cambio, me lo fanno e senza neppure pagare (grazie!) torno all’appartamento.

Il livello di stress è alle stelle. Ora riposo.

La notte, complice anche la stanchezza estrema, passa e nonostante i diversi risvegli riesco a riposare e a recuperare un po’ di energie.

Ore 7:30. Faccio colazione con le cose portate da casa, le solite prima di una gara. Prendo la bici e mi avvio verso la zona cambio. L’aria è frizzante, sia perché c’è un po’ di fresco, sia perché ci sono già molte persone che stanno posizionando la propria bici e sistemando tutte le cose che serviranno poi in gara. Così faccio anche io, riconosco attorno a me quelli che saranno i protagonisti, tutti sorridenti e apparentemente tranquilli. In realtà sono abbastanza tranquillo anche io, osservo il Presidente della Federazione parlare, e gli altri ridere e scherzare. Cerco la mia compagna del Cus ProPatria Ilaria, ma non la trovo… ci vedremo dopo!

Torno in appartamento, che comodità! Mi preparo un panino al prosciutto e con calma inizio a infilarmi la muta. Poi assieme al Piccolo scendiamo, facciamo le foto in spiaggia. Manca circa un’ora alla partenza e mio comincio a testare un po’ l’acqua… azz che fredda! Il viso mi si congela all’istante e come sempre ho la sensazione di mancanza di respiro. Esco e rientro un po’ di volte, abituandomi così gradualmente. Per fortuna il sole splende sopra le nostre teste.

Ore 11:30. La tonnara. Sì per i i primi. Io parto con calma, so cosa mi aspetta e devo conservare le energie. Una volta in acqua mi sento a mio agio, il mare è bello, quando non ho altre persone vicino riesco a intravedere il fondale. Vado via del mio passo, ho impostato, saggiamente, il Garmin a vibrare dopo 250 metri, così ho un’idea di quanto rimane per completare il chilometro di nuoto previsto. I giri da fare sono due, all’australiana si dice, per poi rientrare in acqua. Finito il primo giro, mentre esco, mi sento la testa un po’ girare, così cammino un po’ e poi rientro in acqua. La sensazione sparisce e faccio gli ultimi 500 metri bene cercando di dosare le energie.

Esco dall’acqua, cerco il cordino dietro la muta che non trovo. Impreco un po’ ma non mi agito, con calma lo trovo e mi sfilo la muta. Prendo la bici, saluto Fotografo e il Piccolo, che è girato dall’altra parte, vabbé, e parto per quella che so sarà un’avventura. Salita, dura, ma ok sto bene. Bevo. Discesa, bene, molto leggo 52 km/h sul Garmin (per l’occasione ho messo anche il 530 sulla bici, in modo da avere FC e km percorsi sempre a “portata di vista”). Ancora salita. Mangio. Passo alcuni altri atleti. Poi single track, salita ancora ed eccola la prima discesa. La faccio quasi tutta in bici, ma mi manca il coraggio per fare gli ultimi 20 metri. Scendo, li faccio a piedi e risalgo. Arrivo al pezzo della miniera, di fronte a me uno spettacolo di panorama. Ancora discesa di quelle brutte, piene di sassi e pendente. Cerco di seguire le linee fatte da chi mi ha preceduto, e miracolosamente non scendo mai di bici. Questo mi da fiducia. Ora so che ci sarà una lunga salita, per cui mi metto tranquillo al mio passo. Mangio ancora, nonostante non sia facile con il fiatone. Arrivo al ristoro, mi fermo, apro la borraccia e la riempio d’acqua. Fa caldo e sto bevendo molto perché sto sudando molto. Tratto in pianura bello, largo. Spingo un po’ sui pedali, finora direi bene. Inizia un single track che ho fatto solo in parte durante la prova. E’ difficile, pieno di insidie, a volte devo fermarmi perché ci sono dei piccoli strappetti in salita in cui arrivo con poca velocità e serve forza nelle gambe per superarli. In uno di questi IL problema, che sapevo doveva arrivare ma non così presto (sono a meno della metà del percorso): il crampo! Al quadricipite della gamba destra. Vedo proprio fisicamente il muscolo ritrarsi, mi fa impressione. Mi fermo. Allungo. Mi viene da piangere perché so quanto ancora manca. Riprendo piano. Ora discesa, ancora. Sono rigido sulla bici, i muscoli sono tutti tesi e con i crampi questo non aiuta. La discesa è sì ripida ma non così pericolosa. A parte in un punto di pochi metri la faccio tutta sulla bici. C’è un ristoro, mi fermo bevo. Per fortuna parte un tratto tranquillo, cerco di pedalare agile, i crampi sono là, pronti a ripresentarsi. La parte bella finisce, si svolta a sinistra. C’è un cartello chiaro: “discesa pericolosa”. Stringo i denti, sono rigido, sono stanco e manco di concentrazione. Faccio la prima parte con cautela ma in un avvallamento… eccoli di nuovo! Questa volta i crampi sono sia a destra che sinistra. Mi viene da piangere e su un sasso cado, come una pera. Quando sono a terra non riesco ad alzarmi, anche sulle braccia mi sembra ci siano i crampi. Passa un concorrente, mi vede così sofferente, mi chiede “tutto bene?”. Con un filo di voce rispondo, “sì ho solo i crampi speriamo passino”. Sto in piedi un tempo che mi sembra infinito, il dolore non se ne va. Sento un bruciore alle gambe, gli arbusti della macchia mediterranea fanno male. Passa un altro concorrente, cerco di spostarmi per lasciare strada. Mi chiedo come uscire dalla situazione. Comincio ad allungare, sono in un punto di discesa che non conosco e non so quanto lunga sia. Preso dalla disperazione risalgo in bici, con dolori allucinanti, per fortuna la discesa diventa facile. Prima di un tornante ancora vedo i muscoli delle gambe ritrarsi. Freno, scendo dalla bici. C’è una persona che segnala il percorso, mi chiede se va tutto bene. Non ho neppure fiato per rispondere dal dolore, gli indico le mie gambe, il tipo sorride. Mi viene un’idea: salgo in bici ma non attacco i pedali, scendo con le gambe dritte, in allungamento. Funziona. Pian piano mi passa un po’. Ora c’è di nuovo salita. Appena tento di fare forza sui pedali sento il dolore. Niente, devo camminare. Porto la bici a mano per un tratto che mi sembra lunghissimo. Per fortuna riconosce che sono nell’ultima parte del percorso e a confermarlo c’è il Garmin che segna 20 km fatti. Cerco di calcolare a mente quanta discesa può esserci prima della zona cambio, in termini di chilometri. E’ difficile pensare in queste condizioni, anche perché sono demoralizzato, riuscirò poi a fare la parte in corsa?

Sono in discesa, facile per fortuna, primo tratto sterrato e poi asfalto. Arrivo in zona cambio, faccio tutto con calma. Esco, faccio due parole con il fotografo e do un bacio al Piccolo, che mi guarda di traverso, come dire: “ma cosa stai facendo?”. Eh già, me lo chiedo anche io. Mancano 8 km di trail, so che ci saranno 300 metri di dislivello. Salita, la stessa fatta in bici. E’ dura ma c’è una buona notizia: le gambe sono due blocchi di cemento, ma non ho crampi. Bevo l’ultimo gel e piano comincio a correre. Sì sto correndo! Che bello, riacquisto fiducia, dopo un momento buio durato forse più di un’ora vedo la luce in fondo al tunnel e la possibilità di portare a casa la gara. Mi godo il panorama, il mare alla mia destra e i piccoli sentieri che sto percorrendo. Nei tratti pianeggianti cerco di spingere, senza esagerare, sto tenendo sotto controllo la frequenza cardiaca. Sorrido. Il problema sono ancora le gambe ma mi sento di avere ancora energie. I km passano in fretta e mi ritrovo nell’ultimo tratto di discesa prima del traguardo. Dovrebbe essere finito tutto ma non è così. La discesa mi blocca, le gambe fanno malissimo e vedo lo spettro dei crampi. Stringo i denti scendo piano, ormai e fatta. Pochi metri ed eccola la spiaggia di Pareti!

Chiudo in 3 ore e 29 minuti. Un’avventura. Una sofferenza. Uno spettacolo! Bello il percorso, bello il panorama, bello il tempo e la temperatura. Sono felice di aver superato mille difficoltà. Non mi interessa il tempo, la posizione, nulla che abbia a che fare con la parola “classifica”. Quello che conta è aver tagliato il traguardo con il sorriso. Aver superato le crisi, il dolore, la fatica, il caldo. Aver affrontato le mie paure (le discese!) e averle in piccola parte superate. E’ stata una delle più belle gare di triathlon che ho fatto!

Grazie Isola d’Elba, grazie agli organizzatori. Grazie al Fotografo per le sue grida di incitamento e per la forza che mi dà ogni volta e grazie al Piccolo che ha visto la sua prima gara di triathlon. Avrà capito sicuramente poco, visto la serietà con cui mi ha guardato al traguardo mentre lo tenevo in braccio e mi facevano le foto, tutto sudato e impolverato :-).

La mia gara su Garmin!

Le foto, acquistate e fatte dal Fotografo che aveva però un Piccolo da gestire.