Rifugio Campolongo, sabato 10 settembre 2022.
Ore 8:15 papà parcheggia la macchina nell’ampissimo piazzale del rifugio Campolongo. Scendo e mi guardo attorno. Bel posto, ampio. Ma la cosa che subito mi colpisce sono gli odori. C’è odore di bosco, c’è odore di mattina presto, c’è odore di Altopiano. Non so perché ma mi ricorda quando ero piccolo. Non un momento preciso, ma una sensazione che mi riporta nel passato.
La giornata è bellissima. Il cielo è terso e sembra che l’aria sia pulita, complice probabilmente una pioggia nella notte. Questo però è un po’ un problema: mi sembra che sia tutto molto bagnato e mi preoccupa un po’ la parte in MTB, non ho idea infatti di quanto tecnico sia il percorso. Vado a prendere il numero, non c’è la lista dei partecipanti, non so quanti siamo e chi siamo. O meglio qualcuno l’ho già visto che girava, Marta, Sandra, Michele, giusto i migliori, e direi i migliori del mondo in questo sport (triathlon cross)! Bravi ragazzi, sappiate che ho tanta ammirazione per voi ed è per me molto bello vedervi partire e “volare” davanti a me.
Preparo la bici, vado a fare un giretto prima nella parte a sinistra della zona cambio, dove trovo strade bianche tipiche dell’Altopiano, bene non sono tecniche e poi nella parte a destra. Qui invece la situazione cambia, ma tutto sommato il terreno tiene, anche se bagnato. Sì, non c’è confronto con l’Isola d’Elba, ormai diventato il punto di riferimento per la tecnica in MTB!
È ora di portare la bici in zona cambio. Posiziono casco e scarpe, tutto facile nei duathlon. Esco e vado a esplorare il percorso run. Fiato corto. Già in riscaldamento ho fiato corto. Perché? Beh, si corre su prato, erba, bagnata e soffice. Non si riesce a far presa. E poi è vero non c’è da scalare una montagna, ma non c’è neppure molto pianura… nel senso che o si sale o si scende. Ok.
Ultima sbatta: come mi vesto? Dentro il bosco fa freddo, alla fine alla mattina la macchina segnava 8 gradi. Ok, ora c’è il sole ma… sono abituato alle temperature di Milano, ovvero over 30. La scelta più logica per me è vestirsi e così faccio. Manica lunga leggera sotto il body. Alla fine, non me ne pentirò.
Linea di partenza, ore 10:30. Accendo l’orologio e distratto dal conteggio dei partecipanti (mi rendo conto che siamo davvero in pochi) non imposto l’attività corretta sul Garmin, ovvero “Duathlon Cross”. Grave errore. Via. Tutto come atteso, davanti volano, dopo 500 metri li vedo già a una distanza abissale. Ok. Io so che devo seguire il mio passo e così faccio. Primo km passa a 4:35, considerando le salitine direi bene. Secondo km, salita vera, molto impegnativa. 5 minuti e 10. Ok. Terzo km, ancora salita. Cerco nell’orologio il totale dislivello. Non c’è! Per forza ho l’attività sbagliata! Passo l’ultimo km a pensare come rimediare e trovo il modo: in zona cambio stoppo l’attività, avvio “Duathlon Cross” e premo “lap” finché non arrivo al segmento MTB. Non proprio facile da fare in una gara…
Esco dalla zona cambio in bici, arrabbiato con me stesso. Inoltre, ho avuto la conferma che nonostante la fascia cardio indossata, le pulsazioni provengono dal sensore a polso dell’orologio e non appunto dalla fascia. Perché? Perché la fascia ha la batteria scarica! Male, troppi problemi tecnologici in questa gara! In ogni caso ora devo pensare al percorso. Come da prova i primi tratti sono tecnici, ma assolutamente pedalabili. Sì c’è qualche rampa da prendere in modo corretto per non scendere dalla bici e spingere, però lo faccio senza problemi. Passo a fianco alla zona cambio e saliamo ancora per un breve tratto, poi so che devo prendere la strada del “Verenetta”, bianca e pedalabile. Ma nella discesa il dubbio. Vedo un nastro arancione a destra. Devo andare a destra? Freno, perdo circa 20-30 secondi prima che arrivi un altro concorrente, chiedo e mi urla dritto. Risalgo e scendo, peccato. Ora sono più tranquillo, la strada è prima un falsopiano in discesa, poi piano, poi discesa e infine ancora salita. Tutto pedalabile. Bevo, mangio una barretta ma mi rendo conto di non riuscire a mandare giù nulla, segno che ho i battiti alti e sono al limite. Secondo giro. Il tratto tecnico fila via liscio ma all’ultima salita, dopo un paio di scossoni del terreno, eccolo. Improvviso, senza preavviso. Crampo sempre al solito posto nella gamba destra. Scendo. Inizia anche dalla gamba sinistra. Ma perché? Non me li aspettavo. Cerco di stare calmo allungo e porto la bici a mano per la salita. Risalgo, il dolore è ancora là ma deve passarmi. Cerco di pedalare in agilità “a vuoto”. Pare funzionare. So che passato la parte tecnica poi dovrebbe andare meglio. Così è, arrivo in zona cambio.
Esco e mi metto a correre. Capisco di essere molto indietro, giusto così, tante cose sono andate storte. Forse un po’ deluso e arrabbiato non do il massimo nell’ultima frazione, il percorso ripete in parte quello della prima frazione ma poi fa dei giri strani. “Giri” che non mi sono piaciuti, perché ad un tratto non si capiva dove andare. Comunque mi avvio verso il traguardo dove Martina Dogana mi chiama per nome.
È andata anche questa. Non benissimo, si poteva fare di più e meglio. Alla fine, scendendo dal rifugio Campolongo, mi accorgo di essere pure primo della M1. Strano, penso. Invece è corretto perché eravamo in 2 e io sono arrivato prima dell’altro. Non sento la sento come una cosa meritata però, la condizione non c’è e il fatto che mi siano venuti i crampi in MTB è significativo. Poi ci sono anche tutte le giustificazioni del mondo, a luglio il COVID, la lunga assenza dai campi gara (dalla gara Cross di Viverone)… insomma va bene così. Io considero il Lonaba Duathlon una bella gara, mi sono divertito, il percorso mi è piaciuto. Mi rendo conto però che c’è anche una sorta di sentimento personale, legato all’Altopiano, i luoghi frequentati molto da bambino e da ragazzo, e riviverli è emozione!
Le foto, grazie papà!









