Sanremo, 24 settembre 2022.
Venerdì 23 settembre, ore 15. Sono in scooter sulla strada Aurelia, direzione Sanremo. Sento l’aria fresca nel collo. Non è freddo però, si sta bene. Devo trovare la zona gara, dove posso ritirare pacco gara, numero e chip. L’organizzazione per questa gara è più complicata del solito. Non correrò con la mia bici, l’ho noleggiata. E poi… è prevista la “prima perturbazione autunnale”, in arrivo proprio sabato 24 settembre. Bene, ma non benissimo.
Trovo il campo gara, Challenge Sanremo, bello, sembra tutto organizzato alla perfezione. Quasi. “Ha già il porta chip?”, per un attimo, confuso dal “porta-pettorale” dico “Sì”. Poi ci ripenso. “Ah, no”. “Bene, sono 8 euro.” E sticazzi, ho pensato. “Vabbé, me lo dia”. Un po’ seccato.
Giro un po’ per l’area di gara, valuto ingresso e uscita del nuoto in base alle mappe caricate sul sito (bravi che le hanno messe). A quel punto apro anche il percorso bike e run. Per il run no problem. Ho fatto tante volte quel pezzo di ciclabile. Anche del percorso bike conosco abbastanza bene le strade. Mi manca solo l’anello breve di Bussana, ma fatalità proprio giovedì sono stato in un ristorante, ottimo tra l’altro, nel percorso. E poi il Poggio, già quello della famosa “Milano – Sanremo”. Già fatto con la mia bici da corsa. Non lo ricordo però molto bene, così decido: ho lo scooter ci metto un attimo a farlo.
Umm un attimo mica tanto. Sanremo è la città più incasinata d’Italia. Anche in scooter faccio fatica ad arrivare all’attacco della discesa. Dopo un po’ di zig-zag tra le auto ci arrivo e salgo per la discesa della gara, con l’intenzione di girarmi e fare poi la discesa. Bene, direi, curve memorizzate. Ora il percorso non ha più segreti!
Ad Ospedaletti mi fermo da Bici Sport. Un bel negozio, grande, li avevo contattati via mail e mi avevano riservato una bici. Bravi, precisi. Ecco la bici la vedo, è della Giant ed è bianca. Non è male ma avrei voluto i freni a disco, un po’ per provarli e un po’ per le previsioni di pioggia. Almeno ha il telaio in carbonio. Salgo in bici, mi regolano la sella, direi ok, una gara si può fare, mi sento comodo, quasi più della mia. La cosa positiva sono i copertoncini da 28, che trovo confortevoli. Esco e faccio un breve giro per settare il feeling col mezzo. Riconsegno la bici e risalgo sullo scooter, torno alla base di Vallebona, ho fatto tante cose importanti, al mattino della gara non ho molto tempo.
Sabato mattina 24 settembre, ore 6:50. Sono sveglio, 10 minuti prima del previsto. Tutto sommato la notte è passata bene. Il Piccolo russa tranquillo alla mia sinistra. Vado in bagno, comincio a cambiarmi, fuori e buio ma non sembra che piova. Faccio colazione. Bagno, again, in realtà ottimo perché la cacca prima della gara è sempre positiva. Esco da bagno. Rumori. Forti. È pioggia. No, è diluvio. Bene, ma non benissimo. Avevo preparato tutto per la pioggia, avevo cercato k-way aggiuntivi, trovandoli. Ma così tanta pioggia… ecco anche no. Sono un po’ triste, ma questa gara la farò. Già nel 2019 avevo lasciato Sanremo, rinunciando ad una gara per il maltempo. Oggi no, oggi si gareggia.
Sono in macchina, in una mitica Panda degli anni 90 che mi riporta al periodo dell’università, verso Ospedaletti. Piove, ovviamente, ma un po’ meno. Bravi quelli di Bici Sport, aprono alle 9 ma mi hanno detto che alle 8:45 sarebbero stati già là. Così è, ritiro la bici e vado verso il campo gara, percorrendo praticamente tutto il percorso a bastone dell’ultima frazione della gara. La zona cambio è aperta, bene, tra i primi vado a posizionare la bici e tutto l’occorrente per difendersi dalla pioggia. Trovo un posto riparato, mi infilo con calma la muta mentre stanno intervistando Gregory Barnaby, quello che poi vincerà la gara regina del Challenge ovvero il “mezzo iroman” che si terrà la domenica. Esco e vado a capire da qualcuno se le boe si devono tenere a destra, o sinistra. Attorno a me facce un po’ scure, continua a piovere. Faccio un po’ di esercizio di inglese con un altro concorrente, anche lui in cerca di informazioni sulle boe. Che poi come si dice boa in inglese???
Ore 10:30, siamo in spiaggia nella linea di partenza. Lo spekear dice “che facce tristi guardate che la gara è a partecipazione volontaria”. Scoppia una risata. Dal cielo cade una pioggia intensa che scivola via sul neoprene della muta. Gara bagnata, gara fortunata? Suono della tromba, sono in acqua in mezzo alla tonnara, un classico. Sento colpi un po’ ovunque ma ormai sono abituato, cerco di curvare leggermente o al limite rallento un po’. Prima boa, c’è molta confusione in acqua, non riesco a capire bene dove sono e seppur il mare è abbastanza calmo ci sono delle piccole ondine che mi fanno bere un bel po’ d’acqua salata. In breve tempo sento la fatica aumentare. Diventa troppa, la fatica. Il fiato è corto e non capisco perché, sto nuotando ma non mi sembra di andare al massimo. Eppure mi sembra una frazione infinita. Ultima boa, so che devo girare deciso a sinistra, cerco l’arco arancione con lo sguardo. Ci sono, manca solo l’ultimo tratto. Che però non finisce mai. Sono davvero troppo stanco, sembra una distanza ben superiore ai 750 metri. Cerco di non alzare troppo la testa ora devo spingere, guardo in basso, si vede il fondale sabbioso che diventa sempre più vicino. Bene dai ci siamo, la mano tocca la sabbia, mi alzo, sono stravolto dalla fatica. Guado l’orologio, vedo 799 metri. Ok, ora corriamo in zona cambio.
Entro in zona cambio, piove. Mi metto la mantellina, il casco e vedo gli altri vicino a me che mettono i calzini. Penso sia una buona idea, perché potrebbero tenere i piedi più caldi. Decido di perdere 30 secondi in più li metto anche io. Esco con la bici sulla ciclabile che ben conosco su una bici che non conosco. Sono solo. Spingo forte sui pedali, ma cerco anche di ragionare. Mi aspettano due salite, inutile dare tutto e poi farsi venire i crampi. Passo qualche atleta, qualcuno con bici davvero scassata, mi chiedo quando indietro sono uscito dalla frazione di nuoto. Sono a Bussana, prima salitina. Piove. Alleggerisco il rapporto, sono ancora solo, anche se qualcuno davanti a me c’è. Cerco di mantenere una buona frequenza di pedalata. Passo il ristorante di giovedì sera. Costoso, penso. Sono in cima, svolta a sinistra e inizia la discesa. Il fiato era corto, bevo veloce perché so che la strada non è perfetta (buche) ed è meglio non cadere. Provo i freni, perché fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. Frenano. Ok. Aurelia, la statale. Traffico. Sì sì, traffico. Passo a destra le macchine in una situazione pericolosa, sotto la pioggia poi ancora di più. Capisco le necessità di non chiudere l’Aurelia ma non va neppure bene così, può essere pericolo. Inizia il Poggio. Riconosco la salita già fatta un paio di anni fa, metto ancora un rapporto leggero e via su. Mi sembra di pedalare bene. Ancora macchine che mi sorpassano, comincio a pensare di trovarle anche in discesa e ciò sarebbe molto peggio. Scollino al Poggio, inizia la discesa. Riprovo i freni. La bici rallenta, bene. Cerco di lasciare che la gravità faccia il suo dovere. Riesco a superare due atleti, evidentemente più prudenti di me (strano), questo ma dà fiducia. E poi la conosco, per cui so quando frenare e devo lasciar andare. A fine discesa si crea un gruppetto di 3 atleti, 4 con me. Finalmente un po’ di scia penso. No. Rimango in scia per un km ma poi mi ritrovo a tirare. Mi giro e ho dato troppo distacco, pur non esagerando. Vabbé continuo per la mia strada. Piove.
Entro in zona cambio, sento urlare “Andre!!!”. Il fotografo, senza macchina fotografica. Che bello. Mi viene un sorriso, faccio un cenno di ok, non so se lo vede. Lascio la bici, mi infilo le scarpe che devo allacciare coi lacci, ho usato infatti quelle che tengo a Vallebona. Esco e cerco subito il ritmo. Che arriva. Non subito ma dopo circa 500 metri mi sento già bene, le gambe girano. Piove. L’orologio si fa sentire, guardo veloce. 3:44. Impossibile, penso. Eppure è così. Secondo chilometro 4:25. Ecco già un passo che mi aspetto di più. Entro nella galleria, penso che il GPS non prenderà più, ma il Garmin non dice nulla. Userà l’accelerometro, penso. Boh! Giro di boa, esattamente 2,5 km, quindi ok, la distanza è proprio perfetta. Il ritorno in galleria sembra più facile, le gambe continuano a girare bene. Sorrido. Ultimo chilometro, supero un compagno di squadra del Propatria, saluto. Ora sento la stanchezza, in effetti sono al limite. I battiti sono sopra 175, limite raggiunto. E anche il traguardo. Piove.
Che dire? Finalmente sono riuscito a fare un triathlon a Sanremo. Bello, a parte il problema del traffico. Ma mi sono divertito, bella gara, bel percorso nuoto (anche se non l’ho fatto benissimo), bel percorso bici e bella prestazione personale sulla corsa (alla fine 4:14 medio non è niente male!). Insomma, ho il viso bagnato ma non sono lacrime ma la pioggia che mi ha accompagnato per tutta la gara. Sorrido. La gara rientrava nel circuito Challange e devo dire ottima organizzazione a parte qualche punto, da migliorare (sul traffico capisco la difficoltà, motivo per cui io preferisco le gare Cross Triathlon…).
Un grazie al fotografo che è riuscito a venire a vedermi. Mi spiace per il Piccolo, sarebbe stato bello dargli subito la medaglia da finisher che mi hanno dato. L’ha comunque ampiamente assaggiata nel pomeriggio non appena tornato a Vallebona. Ciao Liguria, e Sanremo, grazie, mi sono divertito!
La mia gara su Garmin.
Purtroppo 3 foto di numero!



